venerdì 19 agosto 2011

Habemus ideam!

La prof aveva detto che ci voleva del tempo e così è stato. L'altra notte la mia idea è arrivata, da sola, non avevo mica deciso io di andare a cercarla, troppe volte lo avevo fatto e troppe volte ero tornata a mani vuote su questo blog. Oggi no. L'idea  c'è ed è tutta nella mia mente, e l'altra mattina l'ho pure tradotta in segni, sforzandomi (ricordando le parole di Partenope) di disegnare di più e scrivere di meno. Ok. Adesso non mi resta che scansionare il tutto e momentaneamente pubblicarlo qui. 
Ok. Sento di nuovo i prof che dicono: basta scrivere, vogliamo vedere le ideee graficamente. 
Ok. Hanno ragione. Esco e cerco una copisteria aperta a Modica il 19 agosto. 
Non vedo l'ora di cominciare.


Fonti: Immagine dal web

martedì 19 luglio 2011

Miatto_Vs_Mari_Vs_Cecilia.

Mi arrovello il cervello.
Di certo c'è che ho un'idea più tangibile adesso. Il fatto non  cambia. Cioè non ho ancora uno straccio di storyboard. Però adesso è estate, e adesso posso pensare meglio. Non che scrivere su questo blog aiuti a qualcosa però magari alla fine mi fa fare meglio un punto della situazione. Insomma mi permette di lasciare le cose a metà. Che tanto quando le riprendo le ritrovo sempre ferme qui. In questo punto. Un punto decisamente morto. ma almeno è un punto.
Risultato della giornata sonnolente e calda di oggi è che nella mia testa ci sono:
_il bianco e il nero
_il negativo
_lo stop motion
_un pennarello indelebile
_il piano bianco su cui studio
_la macchina fotografica e un cavalletto
_una dose di buona volontà
_Miatto sempre e comunque.
_Alcool o sgrassatore per poter tornare indietro ;)

lunedì 18 luglio 2011

Ettore Sottsass_vs_Diego Grandi (Sorprese per cui devo cominciare a pensare)

Mercoledì 11 giugno 1999, eccomi a Milano nello studio Sottsass Associati seduto su una poltrona nella sala d’aspetto. Mi sono già fatto annunciare a Liana, l’assistente di Ettore.
(...) 
Liana si avvicina. Ci salutiamo e mi invita a seguirla. Entriamo nel suo ufficio e mi presenta. Liana ci lascia.



Ettore Sottsass Mi ha detto Liana che lei è laureando in architettura, ma non ricordo bene qual è il suo argomento di tesi: l’architettura o il design?
Diego Grandi Diciamo che è più pertinente al design. La mia tesi sviluppa un ipotetico rapporto tra la letteratura e il design.
ES Ma quando parla di design si riferisce al disegno industriale o al disegno di cose che non necessariamente ci saranno o sono previste per una produzione di massa? Perché c’è una grande differenza che sarebbe ora sottolineare. In questo momento mi sembra che ci sia un grande revival del disegno, non solo del design. E poi, quando parla di letteratura, che tipo di letteratura intende?
DG Nella mia tesi prendo in considerazione un fenomeno letterario legato alla giovane narrativa italiana, che è stato chiamato Pulp, dai pulp magazine americani. Leggendo i romanzi e i racconti di questo genere ho associato la forza dirompente di questi giovani autori alla narrativa beat degli anni ‘60. Mi racconta come ha vissuto quel periodo e che esperienza ha tratto dalla conoscenza con gli scrittori della Beat Generation?
ES Ho incominciato a informarmi su questi autori verso la fine degli anni ‘50. Poi, negli anni ‘60, li ho conosciuti di persona a San Francisco: Ferlinghetti, Neal Cassidy, il personaggio di On the road, Burroughs e tanti altri. In quel periodo vivevo con Fernanda Pivano e risultava molto facile conoscere tutte queste persone.
DG È stato in qualche modo influenzato da quella generazione di scrittori?
ES Certamente, ma non per la loro letteratura, ma per il modo di immaginare la vita. Alla base della letteratura americana – conosco solo quella –, come in ogni testo letterario di valore da Gilgamesh in poi, c’è sempre un’immagine. C’è la rappresentazione dell’universo o del rapporto con l’universo e con la vita. È filosofia. O meglio un costume di vita. La prerogativa della letteratura americana era proprio di rappresentare la vita, le cose che accadono, non le idee. Ho imparato moltissimo, soprattutto dal punto di vista del comportamento etico-politico più che dal punto di vista strettamente letterario. Avevo già un certo interesse per le culture orientali, specialmente per quella indiana, e con Ginsberg ho trovato delle conferme: la possibilità di traslazione, di immaginare un’esistenza in maniera diversa dagli occidentali. Non come uno schema rigido e con mete da raggiungere, ma come un sistema aperto che si rinnova giorno dopo giorno. Questo modo di pensare nasce da un atteggiamento semplice e distaccato, ma anche molto intenso. Forse certe cose che abbiamo fatto sono quasi dei diagrammi, delle rappresentazioni di queste idee. Ad esempio, a proposito del linguaggio espressivo con Memphis, abbiamo mescolato materie che appartenevano a contesti differenti: alle volte aulici, come legni e materiali preziosi, alle volte di uso comune, come i laminati che venivano impiegati soltanto per bagni e cucine. La mescolanza è la stessa operazione che hanno fatto allora questi scrittori. Usavano parole comuni ma anche slang, le parole nuove prese dalla strada, dal linguaggio militare. Parole che avevano un’eco diretta con la vita. Forse un’altra cosa che mi hanno trasmesso è una sfiducia nei sistemi e nelle ideologie. Qualsiasi disegno d’arte o architettura di fatto va a pezzi. L’architettura non è un monumento, ma una serie di luoghi, una serie di situazioni diverse. In questo senso la letteratura, in quanto metafora di un pensiero, ha di certo avuto profonde risonanze nel mio mestiere.
DG Lei prima accennava alla mescolanza, all’associazione di materiali grezzi con materiali aulici…
ES … sì materiali aulici come l’oro ad esempio. Tutto lo stile impero usava l’oro. Se uno associa l’oro al laminato plastico, fa una dichiarazione poetica: demitizzo l’oro e innalzo il materiale povero. È una combinazione che anzitutto produce un’emozione, un’energia, perché come nella pila voltaica dove due metalli diversi producono elettricità. Se nel progetto scelgo di usare insieme due linguaggi diversi, succede sempre qualcosa. Si rompe la possibilità di avere una sola immagine certa, solida, sicura di se stessa. Voglio invece creare delle sorprese che fanno pensare.
DG Ma questo modo di fare può essere assimilato alla tecnica del Cut-Up burroughsiano?
ES Certamente quello era un periodo di forte sperimentazione. Sicuramente il Cut-up, ma soprattutto cambiare i ritmi della pagina letteraria. Mentre la scrittura ottocentesca ha una cadenza molto lenta e una descrizione affaticata, il ritmo della scrittura contemporanea è rapido, utilizza i suoni della vita quotidiana. È diretto e non ha bisogno di spiegazione. Per noi le parole sono rapide come un “fuck you” oppure “ok”. Certamente nell’Ottocento non si usava… come dire… le idee non precipitavano. Era impossibile compattare un’idea in un ritmo velocissimo. Le parole-vita fanno in modo che la lettura sia molto più rapida. Così ho provato a trasportarlo nel mestiere che faccio, che forse non so più neanche io qual è. In questo senso c’è un rapporto con la letteratura. Ma bisogna cercare ciò che nasconde la figura letteraria, andare oltre, al di là della letteratura stessa.
DG È un sentimento che potrebbe guidare anche il progetto?
ES Certo, ma soprattutto la vita, non solo il progetto, perché anche il progetto nasconde la vita. Se uno dice “faccio minimalismo”, forse vuol dire che è un puritano, che ha paura dei sensi e delle sensorialità . Teme la memoria perché diffida delle citazioni stilistiche o linguistiche. Il minimalismo ha dietro di sé non solo un’idea stilistica, ma un modo di essere, di interpretare, di pensare. Ma questo è sempre successo. I buddisti pensavano in un certo modo e disegnavano in un certo modo, i tibetani pure.
Gli porgo una fotografia che lo ritraeva con Fernanda Pivano, Gregory Corso e Peter Orlowsky. È uno scatto fotografico del 1961 a Parigi.
DG Ricorda questo episodio?
ES Era la prima volta che ci incontravamo con Gregory, Ginsberg e Orlowsky. Loro vivevano in una piccola stanza d’albergo dove fumavano. Allora vedere qualcuno che fumava hashish sembrava un mistero totale.
DG Guardando la sua produzione c’è un oggetto in particolare che sembra essere un tributo a quella generazione “dannata” di scrittori, non tanto per la funzione che richiama la scrittura, ma per le forme e i contenuti che quest’oggetto richiama. Parlo della macchina da scrivere da viaggio “Valentine”, che io leggo come un omaggio alla Beat Generation e a quell’esperienza che lei ha fatto.
ES Per il disegno sì, ma purtroppo alla fine era un oggetto troppo costoso. Ma l’idea era proprio quella di arrivare a disegnare una macchina che fosse come la biro, che fosse un utensile per la vita quotidiana, non un simbolo di eleganza o di potere. La storia è che Olivetti si era accorta che l’Europa era invasa da macchine portatili meccaniche fatte in Giappone o in Cina che costavano la metà delle loro. Prima della “Valentine” c’era una macchina portatile della Olivetti che si chiamava “Lettera 22”, disegnata da Nizzoli. Nizzoli era un artista/scultore nel senso tradizionale del termine, perché aspirava a plasmare ogni cosa, un creatore. Alla Olivetti erano terrorizzati, loro avevano bisogno di una macchina da scrivere portatile meccanica che costasse poco. Pensavano:“Togliamo le minuscole e lasciamo solo le maiuscole come i telegrammi” o “Togliamo il campanello dell’a capo e semplifichiamo”. Meccanicamente c’era poco da semplificare, era già ridotta all’osso. Allora io ero tutto contento e dissi: “Benissimo, facciamo una macchina da vendere nei mercati di periferia, a mucchi, per terra”. Tutti contenti. Poi io ho fatto questo disegno molto popolare, e anche la pubblicità che la reclamizzava dava questo senso. Avevo fatto spendere tantissimi soldi all’Olivetti perché avevo mandato fotografi in tutto il mondo, anche al Polo Nord, ma l’Olivetti non se la sentiva di scendere così in basso. E allora, mentre la prima idea era quella di farla in plastica moplen, quella dei secchi, la realizzammo in ABS, che costava cinque volte il moplen. Il moplen andava bene, perché era già “volgare” come materia, in più è leggermente elastico per cui poteva prendere colpi senza rovinarsi. “Assolutamente no!” avevano detto “Facciamolo in ABS, rimettiamo le minuscole!”. È nata una macchina con un disegno, in un certo senso, velleitario, perché era stata pensata con certi intenti, l’essere popolare e per tutti, e invece costava cara. Questo mi succede anche adesso. Più faccio cose e più finiscono in gallerie d’arte. La ricerca costa carissima e alla fine c’è questa dicotomia tra quello che si fa e la collocazione nella società.
DG È stato influenzato da un libro come On the road?
ES Non saprei. Molti stimoli del libro mi venivano già da altre cose. Forse un’idea molto bella di quegli anni e che la sinistra giovanile europea non ha seguito, era quella di immaginare che erano possibili una società e una cultura a parte, senza la necessità di voler cambiare a tutti costi la società. Si trattava di aggiungere con spirito libero. E quindi abitare in comuni, vestirsi in modi diversi, radunarsi in forme inventive. Un riconoscersi senza necessariamente aggredire. L’aggressione può darsi che distrugga qualche cosa, ma non porta a un reale cambiamento. È un metodo vecchio. Io me ne vado per conto mio a vedere com’è il mondo, e non vado solo on the road, ma around the world. Viaggio, soprattutto studio altre culture. Mi immagino un mondo dove non ci sia una religione totalitaria, dove ci siano più religioni, più fantasiose, più sofisticate in un certo senso. Dove la religione sia un colloquio con se stessi. Questa già è una decisione importantissima se uno comincia a pensare così … allora vede tutto in maniera diversa. E anche la professione cambia. Ricordo anche il grande cinema underground. Warhol, anche lui smitizzava, almeno i primi anni, la cultura museografica e critica. È stato un grande periodo. Una rivoluzione che ha previsto anche quello che succede ora. La vita è una commedia e non una struttura permanente che cresce o regredisce. Ormai le informazioni sono tante e tali che non c’è più possibilità di scegliere. È solo una reazione immediata a quello che succede. C’è una accelerazione per cui non c’è neanche tempo di pensare. Anch’ io oggi non ho più tempo di limare i progetti. C’è una sorta di impossibilità. L’ideologia e il pensiero oggi sono fatti di frammenti. La vita mi sembra un continuo scontrarmi con dei pezzettini di vita, non con un insieme. La mia stessa vita è un pezzettino permanente di cose che faccio, che fisso, che dimentico. Tutte cose previste da quella generazione. Se si immagina la letteratura in questo senso allora c’è un contatto, perché la letteratura è l’esistenza, è la vita. C’è poi un altro aspetto che riguarda la letteratura, e sono le tante citazioni che in un’ideologia frammentaria si possono introdurre senza paura. Mentre il razionalismo, che ci riguarda comunque, pensava che il disegno di un oggetto e la bellezza stessa dovessero dipendere da una sorta di equilibrio tra produzione, economia e mercato, oggi non è più così. Posso anche pensare che questo tavolo non è più una superficie geometrica amaterica in un certo senso, ma che ha un valore intrinseco. È un pezzo di materia che tocco con le mani, che ha calore, che risponde al suono e alla luce in un certo modo e quindi fa saltare tutta quella certezza razionalista, perché immetto elementi di corruzione.
DG Lo potremmo definire come uno slittamento sensoriale?
ES È una lettura del mondo più attraverso i sensi che non attraverso l’intelletto. A questo punto se devo guardare questo grigio, entra in gioco tutto quello che ricordo dei grigi. Dove ho visto grigi, cosa vuol dire il grigio, metto nel processo delle frasi che chiamo letterarie. Mi ricordano brani di letteratura: pezzettini di libri che ho letto, avventure che ho avuto, sesso che ho frequentato. Allargo le possibilità di linguaggio e di percezione. Questo tavolo geometrico è largo tre metri e lungo quattro, però se dovessi descrivere il colore del suo laminato potrei parlare a lungo sul grigio: la vecchiaia, la neutralità, la solitudine ecc. Posso scrivere un libro sui grigi e quindi introduco un concetto letterario. I miei stessi sensi sono letteratura, non sono mai puri come la matematica. Sono un risultato di storie e di letterature.
DG Isabella Santacroce, una giovane scrittrice italiana, mi raccontava che la sua memoria è legata alla musica. Il brano musicale detta le atmosfere e i sentimenti del racconto stesso.
ES La memoria per me è sempre letteratura. Se vedo una ceramica antica, non voglio impossessarmi della forma, ma immaginare quel momento speciale quando un antico uomo la usava. Non è più lo stesso momento nel quale oggi le usiamo, è un momento che oserei chiamare perplesso. Forse abbiamo perso per sempre il senso della scoperta, di quella perplessità ingenua che gli occhi di un adulto non sanno più cogliere.


Diego Grandi
 (Italia, 1970)architetto e designer. Vive e lavora a Milano, dove ha fondato DGO_Diego Grandi Office, studio di progettazione di interni, prodotto e direzione artistica. La sua attenzione all’aspetto superficiale e visivo del design determina una ricerca sul valore epidermico dei materiali, sulle possibili declinazioni e contaminazioni di genere. Costante è l’indagine su come restituire ai progetti bidimensionali un linguaggio a tre dimensioni e la ricerca di un nuovo codice dell’abitare che si basa sull’osservazione di comportamenti e abitudini quotidiane.







Da "Abitare" n. 513, giugno 2011.








giovedì 5 maggio 2011

_Volteggiando.... Miatto_Vs_Mari

Carico della immagini, che tanto quello che c'è nel LABIRINTO della mia mente per ora non lo so spiegare perché neanche io lo so vedere... 
In fondo c'è questa macchia nera di Miatto che abita con me da Gennaio, per il resto non ho ancora ben capito cosa gli è successo, se lo ha investito MUNARI in BICICLETTA o se si è semplicemente scontrato con i miei PENSIERI... 
Il prof Partenope dice che scrivo troppo e disegno poco. Ha ragione. Però ci sono volte in cui le mia dita fremono per battare su questi tastini neri... E' tutto nero. Tutto. Però le lettere sono bianche.... Loro sanno diventare nere. Loro sanno riempire il bianco. Ed è in questo modo che il mio nero diventa netto e definito sul bianco: attraverso le lettere che diventano parole, l'una dietro l'altra, fino a formare un discorso. Poi non lo so se qualcuno riesce a seguirmi.
Per ora so solo che...
PUNTO.
E A CAPO. 



Ap - Punto della situazione

Ostello della gioventù come una casa collettiva per una comunità multiculturale.
E' bene ricordare:
_Minimo 40/60 Massimo 100 posti letto
_Diverse possibilità di camere (doppie, triple, fino anche a 10 posti letto per camera)
_Servizi (possono essere sia in camera che non)
_Servizi per attività comuni (Lavanderia, Cucina, Deposito, Cassaforte etc...)
_Punto ristoro (Piccola sala ristoro, un caffè che può essere fruito anche dall'esterno)
_Internet point/tabacchi/edicola
_Spazio per lo svago, la palestra e la cura del corpo
_Piccole attrezzature sportive
_Sala polifunzionale/multimediale (spazio per il relax,la lettura etc...)
_Spazio espositivo per mostre
_Spazio per lo spettacolo (per piccoli concerti, proiezioni etc...)
_Spazio per il culto e il silenzio (concepito come un luogo protetto, capace di accogliere tutte le culture e le religioni)
_Spazio per il noleggio di macchine e motorini
_Parcheggio interrato*
_Giardino interno/intorno

*

mercoledì 23 marzo 2011

Modernità VS Post Modernità

" Gli obiettivi e gli oculari, gli strumenti di precisione e le macchine reflex, il cinema con il rallentatore e l'accelleratore, i raggi Rontegen e X, Y, Z hanno messo sulla mia fronte altri 20, 2.000, 2.000.000 di occhi che frugono acutissimi, affilati" (El Lisitskij)

Nella premodernità e nella modernità il corpo dell'artista era interamente coinvolto nella realizzazione di un progetto, ma questo modo di progettare scompare con l' avvento del computer. Nella post modernità infatti l'architetto non traccia più nulla con il suo copro ma semplicemente digita. Viene quindi completamente cancellata la presenza fisica del corpo nella produzione di immagini. Da questo nuovo strumento nasce il problema scalare. Questo perchè nella rappresentazione digitale, non c'è una scala di rappresentazione. Inoltre non esiste più l'originale perchè la stampa è una mera copia. L'estetica che noi viviamo non è l'estetica che appare ma è l'estetica della sparizione. Questo perchè non vediamo più attraverso i nostri occhi ma attraverso una serie di macchine che guardano al nostro posto. Ecco perchè nella post modernità si parla di LOGICA PARADOSSALE, perchè lìimmagine in sè è qualcosa di falso e il falso didventa più vero del vero. Questo accade perchè abbiamo perso la dimensione con la realtà.
Ora, se ho delle tecniche rappresentative di un certo tipo ho delle determinate forme. Il pc permette oggi forme dell'architettura che prima erano impensabili. Nella pre modernità c'erano si gli architetti espressionisti però la strumentazione tecnica non permetteva loro di realizzare e concretizzare le forme che avevano pensato.
Nella post modernità la forma del disegno è un luogo di invenzione piuttosto che di rappresentazione. (vedi Libeskind che è definito un indagatore grafico per i reticoli che crea dai quali fa emergere le forme della sua architettura) .
Le forme vengono intese non come necessità ma come possibilità. Per questo nella post modernità l'architettura è post funzionale. Ma se le possibilità sono infinite e tutte sono realizzabili grazie alla strumentazione allora finisce l'architettura. Se infinite sono le forme quale è quella giusta? Se infinite sono le forme dell'arte non possiamo dire la stessa cosa dell'architettura, perchè l'architettura è anche arte ma non solo. 
Nella post modernità ognuno costituisce il suo sistema di regole. Oggi tuto si legittima e tutto viene autolegittimato grazie al pluralismo. Nell'architettura infatti non c'è più la dimensione organica e storica del segno architettonico ma ognuno è portato ad inventare la formadfell'architettura.
Lo sviluppo della nuova strumentazione inoltre ci farà camminare dentro ad edifici inesistenti, in questo modo la strumentazione ci permette quasi di manipolare il tempo. Se è possibilecostruire virtualmente l'architettura ed offrirla al mercato, l'architettura si piega all'interno del mercato. Chi vuole comprare l'architettura prima vi entra virtualmente e dopo decide se comprarla o meno. 
(dalle lezioni del prof Partenope)
 

PROUN

I Proun sono composizioni di El Lisitskij (Pittore, fotografo, architetto e grafico del costruttivismo russo) in cui lo spazio contenuto entro i confini del quadro è uno spazio cosmico in cui i corpi geometrici sospesi si mantenevano in equilibrio attraverso enormi tensioni. Erano plastici. Secondo El il Proun è la stazione di transito dalla pittura all'architettura. Sono composizioni architettoniche ma non sono un aggruppamento di piani e volumi che stanno sulla terra su piedistalli e zoccoli... Sono invece una composizione di PIANI e VOLUMI visti nel cosmo, di sbieco, da sopra.


Secondo El l'architettura statica dell Piramidi egiziana è superata: la nostra architettura  corre, NUOTA, vola. Ci viene incontro un mondo sospeso, oscillante. La forma di questa realtà io voglio partecipaare a inventarla e a plasmarla.
"... la forma materiale deve esssere foggiata in corrispondenza al suo MOTO nello spazio: questa è la costruzione. Forme incostruttive non si muovono, non stanno in piedi: precipitano, sono catastrofiche".
"... La creazione porta a compimento il fatto e questo diventa esigenza. Quando gli uomini hanno inventato il rogo, il fuoco divenne scopo dle calore. E' la forza del Proun a creare i fini. In ciò consiste la libertà dell'artista nei confronti dello scienziato".
Il proun comincia sulla superficie, procede verso la costruzione di modelli spaziali e quindi verso la costruzione di tutti gli oggetti della vita comune... Costruisce una nuova, multilaterale, ma organica forma della nostra natura.

Secondo El due momenti determinano il moderno creare:
1) ELEMENTO
2) INVENZIONE
-Elemento: L'artista moderno esamina il problema  che gli si pone dall'angolo visuale che questo deve assolvere. Poi sceglie per ogni funzione l'elemento corrispondete. Gli elemti sono: il CUBO, il CONO e la SFERA (simbolo della cristallizzazione dell'universo). Quando vengono connessi uno o più elementi nasce una tensione. La maniera in cui el forze in tensione vengono messe in equilibrio determina la costruzione. Alla forza di PRESSIONE, PESO e SOSTEGNO si aggiungono nell'epoca moderna le FORZA di TRAZIONE. Nasce la nervatura.
3 sono i colori principalmente usati da El.
- ROSSO (colpisce)
- BIANCO (igiene dello spazio)
- NERO (distrugge i volumi)
-Invenzione: L'artista moderno esamina il problema che gli si pone dall'angolo visuale delle funzioni che questo deve assolvere. Poi trova per le funzioni date, la combinazione più semplice, ovvia. Questa ovvietà è invenzione. In questo modo sorge la forma come risultato del problema. Noi non conosciamo nessuna forma in sè e per sè.
Da " El Lisitskij", Sophie Lisitskij-Küppers, Editori Riuniti, Erfurt, 1967

sabato 26 febbraio 2011

Mari_Vs_Miatto

E' sabato e stasera sto a casa. C'è freddo. Miatto è rannicchiato accanto a me. Gironzola nella mia camera. Non ha ancora trovato un posto fisso dove stare. Sembra non accontentarsi di nessuna sistemazione. Mi guarda. Bhè a dire il vero lo guardo più io, lo osservo, con la sua coda dritta e le zampette mingherline. Chissà se a freddo anche lui. Vorrei entrarci in quella testolina di cartone e trovarci dentro un'idea.

venerdì 18 febbraio 2011

Andy Warhol_VS_Mari

"La gente dovrebbe innamorarsi con gli occhi chiusi".
Bè io credo che dovrebbe fare molte più cose con gli occhi chiusi.

venerdì 28 gennaio 2011

Il mio mondo_Mariangela Rizza

Io credo:
_Credo che non bisognerebbe mai smettere di guardare il mondo con gli occhi di un bambino.

 




_Credo che a volte si è ad un palmo dall'abisso...


_Ma credo che la ruota giri per tutti prima o poi...
_e credo che quando "POI" arriva allora cammini tra le nuvole e guardi tutto con occhi diversi.

_Credo che ciò che a volte mi serve è solo un temporale di "ispirazione", idee che cadono dal cielo, fitte come pioggia.

_Credo che siamo più soli di quanto crediamo di essere...

_Ma credo che gli amici ci sono proprio a riempirti gli spazi vuoti della vita.

_E credo che nella vita non è sempre tutto oro quello che luccica
_Credo nell'odore delle matite appena temperate.



_Credo che sia il particolare a fare la differenza.













_E credo che un giorno Alice per come sono, Bianconiglio o no, arriverò nel Paese delle (MIE) Meraviglie...
  












Un modo per introdurvi al mio mondo, quello fatto di foto, di frasi, di pensieri. 
(Frasi e Foto di Mariangela Rizza)

giovedì 20 gennaio 2011

El Lissitzkij_

Oggi revisione con Partenope. Ha visto la mia idea o meglio, ho cercato di spiegargliela. Sono partita da un triangolo. Forma banale, indeformabile, archetipo. E ho lavorato di geometria, cerchi inscritti e circoscritti ad ulteriori triangoli. Era tutto nella mia testa. Un'esplosione che mi aveva scosso ieri e aveva continuato a tessere idee nella mia mente per tutta la notte. Angoli, bisettrici, assi e parallelismi... E tutto questo al prof ha ricordato qualcosa, ha ricordato qualcuno...
"Lissitzkij, lo conosci?"
"No"
Adesso potrei rispondere " So chi è" :)



lunedì 10 gennaio 2011

Di nidi e altre storie_Grazia Gabbini

“TORNO PRESTO” e dicendomi così mi stampi un bacio sulla fronte.
Sapore di dopobarba al pino, completo blu gessato, profumo di camicia linda, rumore di carta. Tempo di festa, tempo di sabato e domenica e ritmi lenti.


DOVE VAI? Perché sparisci sempre così? E cosa custodisce quel
sacchetto che porti tra le mani? Chi ti ruba il tempo bello? Io voglio tutta la tua attenzione, voglio giocare, voglio…ma ogni volta che torni è tardi, la settimana ricomincia e le tue mani sono vuote.


OGGI SEI tornato un po’ prima, un po’ più stanco, un po’ più triste, tra le tue mani avevi ancora quel sacchetto e non sei più andato via.

 JEANS FIORUCCI e maglietta nuova rossa fiammeggiante.
Appuntamento con amici. Mamma, come chioccia, compare sulla porta, il suo sguardo è indagatore…forse solo si preoccupa per me: “togliti quel trucco, togliti quella maglietta oppure oggi non si esce”. Le sue mani calano sulle mie guance mentre pronuncia una frase, alludendo a chissà cosa e a chissà chi. È un passato che forse mi appartiene? Ora lei da cacciatrice è diventata preda e nei suoi occhi è scesa la tristezza. 


SONO SOLA, agosto in città, meglio così. Avrò tutto il tempo per
celebrare il funerale a quel ricordo.
Devo arrivare fino al limite, devo scoprire cosa c’è dietro quel vuoto.
Tante volte, mentre lui guidava i miei ricordi, ho ascoltato il corpo e sono
ritornata indietro, a quando tu mi sussurravi “torno presto”, ma oltre è il buio
ed io devo fare luce in questo spazio. 


MATTINA PRESTO, baci sulla fronte, colori di festa, profumo di pane,
rumore di carta e senso di abbandono.
Ho costruito la scenografia come su un set di teatro, ho organizzato la scena
“del delitto”: il completo blu gessato e la camicia linda sono adagiati lì sul
letto, il dopobarba al pino verde è già profumo nelle mie narici, io distesa
chiudo gli occhi: si parte, inizia il viaggio… 


DA UN PO’ di tempo nel mio buio c’è una luce. E come pila ha fatto cerchio sulle tue mani. Ora so che non fuggivi e non sparivi, ora so che non mi abbandonavi, ora so che cosa custodiva quel sacchetto. Dolci e caramelle, piccoli bon bon per chi aveva bisogno del tuo amore, delle tue carezze, là in un posto grigio dove le paure consumano la vita.

domenica 9 gennaio 2011

Il gatto di gommapiuma ha i baffi di nailon_Bruno Munari

"Quando un gatto è morbido, liscio, pulito; quando lo puoi mettere in molte diverse posizioni e lui ci sta, quando non fa la pipì in nessun luogo, non devi curarlo, non devi dargli da mangiare e poi, dico, quando ha i baffi di nailon cosa vuoi di più? che cosa gli manca infatti a Meo Romeo? gli manca la voce, lo so, ma anche alla Gioconda. E la Gioconda non è morbida al tatto, è immobile, non puoi farla voltare.
Meo Romeo è il nuovo gatto di gommapiuma ideato per i bambini moderni. Grande poco più di un palmo, misura simile alla statura dei gattini da poco nati. Meo è un gatto nero con occhi gialli ed ha altri fratelli: uno bianco, uno giallo, uno grigio, uno marrone e uno... verde. Tutti si chiamano Meo Romeo (Meo di nome e Romeo di cognome) e il Meo verde è nato al tempo delle zucchine.
Per me, devo dirlo, è un piacere ideare e seguire la costruzione di libri o di giocattoli per bambini. I bambini sono un pubblico ideale, sanno quello che vogliono, non hanno preconcetti, se una cosa non gli piace lo dicono subito senza tanti complimenti. Se anche gli uomini fosserò così sarebbero semplificati molti rapporti.
Mentre eseguivo i disegni costruttivi del gatto non potevo trattenermi dal sorridere. Su di un grande foglio di carta, scala uno a uno, con compasso, riga e doppio millimetro, il gatto aperto come un vigile che fermi lo macchine anche con le gambe e la coda, sezione A-B, fianco destro, sezione longitudinale della coda del gatto, e via progettando. Poi gli stampi e i controstampi e i primi modelli, poi un punto difficile: l'attacco dei baffi del gatto. Ma ora sembra tutto finito e pronto per la produzione.
Vorrei anche sollecitare questa produzione ma, come faccio, in quell'enorme complesso di stabilimenti, grande come un paese, dove si muovono interessi grossi, io, Bruno Munari, del peso di quarantotto chili, non mi sento di disturbare tanto lavoro e aspetto il mio gatto, all'angolo della strada, assieme a tanti bambini che mi hanno chiesto se per Natale lo possono avere." 


Fonte : Pirelli, "Rivista d'informazione e di tecnica" n°4, luglio 1947

sabato 8 gennaio 2011

Metafore_Ettore Sottsass

Negli anni ’70, durante i primi anni di costruzione e di rinascita dopo il tempo dell’Architettura Radicale, Ettore Sottsass incontra Eulalia Grau, sua compagna dal 1970 per sei anni di vita seminomade tra lo studio di Milano e le peregrinazioni in giro tra i deserti di pietra e le valli selvagge della Spagna. Nascono qui le prime fotografie chiamate più tardi Metafore. Cinque sono i gruppi in cui il progetto si suddivide: Disegni per i destini dell'uomo, Disegni per i diritti dell'uomo, Disegni per le necessità degli animali, Fidanzati e Decorazioni. Il tema centrale è in tutti l'architettura: l'artista progetta architetture naturali, assemblando sassi, scatole, legno, spago, nastro per poi fotografare il risultato e commentarlo, con uno stile ironico e poetico al tempo stesso. Anche in questi lavori, come in quelli di architettura e design, la relazione uomo-spazio risulta focale nella riflessione di Sottsass, in particolare la relazione tra l'ambiente e chi lo occupa nella quotidianità. Nel 1966 scrivea "Che rapporto c'è tra i pensieri e lo spazio dove stanno? Chissà se c'è un rapporto? Un vero, profondo rapporto di reciproca causa ed effetto per cui si possa dire "se è così è così" invece di dover dire "è così ma può anche essere in qualunque altra maniera".
Questo rapporto e il desiderio dell'artista di conoscere, di scoprire e di spostarsi in continuazione, viene da lui stesso così riassunto:
"Sentivo una grande necessità di visitare luoghi deserti, montagne, di ristabilire un rapporto fisico con il cosmo, unico ambiente reale, proprio perché non è misurabile, né prevedibile, né controllabile, né conoscibile... mi pareva che se si voleva riconquistare qualche cosa bisognasse cominciare a riconquistare i gesti microscopici, le azioni elementari, il senso della propria posizione."